Ogni volta che pensiamo a grandi film ciò che ci rimane maggiormente in testa è per lo più una cosa sola: non la scenografia, la struttura, i vestiti o il trucco, ma i dialoghi. Da “Francamente me ne infischio” in Via col Vento a “Io sono tuo padre” in Star Wars fino ad arrivare a “Al mio segnale, scatenate l’inferno” ne Il Gladiatore, i dialoghi sono la musica di qualunque film. La stesura di ottimi dialoghi, in grado di essere facilmente ricordati dallo spettatore, può dare un tocco in più alla vostra creatura e aiutare il vostro film a raggiungere il successo auspicato.
E così, voi sceneggiatori alle prime armi avete fatto tutto ciò che c’era da fare: avete visto una miriade di film, avete preso appunti, avete letto sceneggiature scritte da altri e – magari – avete anche frequentato corsi di formazione. Tutti i vostri sforzi si sono concentrati su un unico obiettivo: evitare di scrivere una sceneggiatura con pessimi dialoghi. Questa è una delle paure più grandi di chiunque tenti di lanciare la propria carriera nel mondo del cinema. Scrivere ottimi dialoghi, però, è una pratica che può essere migliorata con tanto lavoro; l’importante è seguire alcuni semplici consigli, noi abbiamo voluto elencarvene sei.
- Less is more
Questo primo consiglio sembra semplice, ma nella pratica è più complicato di quanto si possa pensare. Quando si comincia a scrivere una sceneggiatura si ha la tendenza a includere un numero di informazioni ben superiore rispetto al necessario. Ci si sente in dovere di fornire mille spiegazioni: questo perché quella scena che per voi (che l’avete ideata) è chiarissima, forse, allo spettatore risulterà confusa e senza senso.
Lasciate da parte le vostre insicurezze, essere concisi è la miglior arma che avete dalla vostra parte. Ogni minuto della pellicola non deve essere sprecato, ma deve essere utile all’avanzamento della storia e dei personaggi. Ciò significa due cose: non fate iniziare una scena troppo presto e non fatela finire troppo tardi. Cercate di far iniziare la vostra scena il più a ridosso possibile di un momento chiave del discorso, evitando di rappresentare un dialogo come se avvenisse tra due persone reali. I personaggi dei film non parlano come nella vita vera, ormai dovremmo saperlo.
- “As you know, Bob”
Una delle pratiche più utilizzate nel mondo del cinema o delle serie TV, soprattutto nel passato, prende il nome di “As you know, Bob” (conosciuta anche con l’abbreviazione AYKB): questo termine viene utilizzato quando un personaggio dice a un altro personaggio una cosa di cui entrambi sono al corrente, ma che – al contrario – il pubblico non conosce.
L’AYKB è una pratica molto comune negli episodi pilota degli show televisivi dove il background e le relazioni tra i personaggi devono essere introdotte e fatte conoscere al pubblico per la prima volta. Anche i medical drama e i procedurali ne hanno fatto un uso spropositato, considerata la necessità di dover spiegare nozioni molto tecniche a un pubblico profano.
Nonostante ciò, la maggior parte delle volte l’utilizzo del AYKB può indicare che vi è stata poca cura nel fornire allo spettatore un contesto di partenza, quindi si è obbligati a servirsi di questo escamotage. Questo dovrebbe rappresentare un primo campanello d’allarme sulle qualità della vostra sceneggiatura: ricordate, il pubblico è più intelligente di quanto pensiate.
- Il contesto e i personaggi
L’abbiamo detto poco fa: il contesto e i personaggi sono due elementi fondamentali. Talmente importanti da essere strettamente correlati l’uno con l’altro: personaggi scritti divinamente esistono solamente perché vengono inseriti in un determinato contesto di riferimento.
Assicuratevi che il vostro dialogo sia adatto al personaggio che sta parlando e, soprattutto, che sia in linea con il contesto e la storia. Ricordate, qualunque azioni svolta o subita dal vostro personaggio influenzerà il suo modo di parlare e rapportarsi con altri personaggi. Cercate, insomma, di prendere le giuste decisioni in base a ciascun personaggio.
- I litigi fanno bene
Non ci sentiremmo mai di dare un tale consiglio nella vita reale, ma nel mondo del cinema i conflitti e le discussioni sono all’ordine del giorno. E sono anche in grado di donare alla vostra storia quel quid in più, per catturare e stimolare ancor di più l’attenzione del pubblico. Non conta se il vostro eroe di turno chieda semplicemente delle informazioni, l’importante è che incontri costantemente delle difficoltà lungo la propria strada. L’impresa non deve risultare troppo semplice da realizzare. Insomma, litigare – nei film – fa bene.
- Non esistono piccoli ruoli
Una celebre frase di Stanislavskij recita: “Non esistono piccoli ruoli, ma solo piccoli attori”. Nulla di più vero: certo, in tutti i film sono presenti personaggi che recitano una battuta e poi spariscono, ma è sempre importante dare un tratto distintivo a ciascun ruolo.
Molto spesso capita di leggere, spulciando i titoli di coda o guardando le bozze delle sceneggiature, personaggi con nomi generici e indistinguibili come “Ladro #1” o “Cameriera #2”. È importante che ciascun personaggio nella vostra sceneggiatura abbia un nome (o almeno una personalità chiara e ben definita, come “Cameriera Gentile” o “Bancario Nervoso”). In questo modo, i comportamenti e le parole rifletteranno la persona.
- Buoni vs Cattivi
La lotta tra il bene e il male è una costante di qualsiasi film, ma non esistono mai personaggi totalmente buoni e personaggi totalmente cattivi. Gli sceneggiatori professionisti hanno la capacità di scrivere eroi che possono anche parlare in maniera cinica, ma che poi si comportano nella maniera opposta dimostrando compassione. I villain, al contrario, sono educati e dalle buone maniere, ma compiono le più perfide azioni.
Molto spesso, anzi, noi spettatori arriviamo perfino a fare il tifo per il cattivo di turno, sinonimo che il personaggio è stato scritto in modo da donargli profondità, tridimensionalità e, perché no, anche fascino. Alla fine però, non sono le parole che determinano se un personaggio è buono e cattivo, ma esclusivamente le sue azioni.
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